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CardioPsicologia: il colloquio




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16/12/17 - 16:48 - Gianpiero Dramisino  
L’antefatto della mia storia è simile a quello di tanti altri pazienti: situazioni stressanti, affanni, frustrazioni, sovraccarico di lavoro, problemi familiari, circostanze sfavorevoli e.. in più la malattia! Trascurata, procrastinata, sublimata, negata. Ma prima o poi i nodi vengono al pettine e la valvola non regge più. L’insufficienza si fa severa. Brevi accertamenti e consultazioni, poi la strada obbligata: il S. Anna Hospital di Catanzaro. Da Cosenza, con la vecchia mitrale e la macchina nuova, mia moglie accanto, atterrita e ansiosa, raggiungiamo Catanzaro di prima mattina, io sono allo stremo delle forze. Nello stesso giorno, al S. Anna mi sottopongono ad ogni genere di accertamento (clinico, strumentale, di laboratorio), dall’elettrocardiogramma alla coronarografia. Ricevo anche la visita del Dr. Daniele Maselli, controllato, risoluto, rassicurante, amichevole, fascino del camice? Forse non ce l’aveva, il camice. Manterrà questo aplomb senza alcuna enfasi anche dopo l’intervento, che ha praticato lui stesso coadiuvato dalla sua valida équipe, il giorno dopo. E’ l’8 Marzo 2017, la festa della donna. Una anestesista mi dirà: certo che lei deve avercela con le donne: pur di non festeggiare, si fa addormentare da me. Ma non è dell’intervento che voglio parlare, conclusosi nel migliore dei modi grazie alla maestria, all’abilità e alla competenza professionale del Dr. Maselli (se dovessi parlare di lui sfiorerei l’idolatria, intesa come amore sviscerato, devozione senza limiti, ammirazione sconfinata, fanatica). Mi associo al coro di colleghi e di pazienti che lo chiamano “il Campione”, ringraziandolo per avermi restituito alla vita. Ma il S. Anna non è solo Maselli (mi permetto di omettere il titolo essendo un suo collega psichiatra). Nel decorso “post-operatorio” mi imbatto in figure (medici e personale infermieristico) altrettanto “gigantesche”. Un nome su tutti: il dottor Pietro De Fiores. Tenace, competente, instancabile, apparentemente burbero. Ho nelle orecchie la sua voce di vero lottatore nel dipanare le matasse più intricate nell’Unità di Terapia Intensiva. L’udito è il senso che ricordo di aver recuperato immediatamente, al risveglio dall’anestesia; dopo il propofol. La sua voce mi ha fatto sentire affidato in buone mani, la voce di De Fiores non la dimenticherò. Altri nomi devo ricordare, affinché, da quanto scrivo, si possa capire il livello prestazionale altissimo di cui ho usufruito al S. Anna. In terapia sub intensiva devo citare il Dr Fabio Fonti, che trovava il tempo (pochissimo per lui, che doveva occuparsi in ugual misura di tutti i pazienti) per parlare con me di archeologia, filosofia e letteratura. E della sua amata Sicilia. Devo citare il Dr Marco Valente, che mi ha rassicurato e curato dall’inizio alla fine. E anche oltre. Finora ho parlato di Cardiochirurghi ed Anestesisti (molti altri hanno lavorato in silenzio, ma li paragono ad una grande orchestra in perfetta sintonia, visto che siamo in tema di metafora). Una menzione speciale la merita il Responsabile del Servizio di Psicologia e Psicoterapia, Dr Roberto Ruga: paziente, discreto, disposto all’ascolto, pacato, competente nella (nostra) materia, anzi un vero e proprio esperto. Ho modo ancor oggi di leggere i suoi articoli su riviste prestigiose e guardo i suoi video didattici sul web. Lui aveva il difficile compito di riabilitare uno psichiatra/paziente e c’è riuscito alla perfezione. Il suo ruolo è e sarà decisivo per far riacquistare la fiducia nei propri mezzi e l’autostima a pazienti defedati dalla malattia, scoraggiati e spaventati, ma in via di guarigione. Un grazie speciale. Il personale infermieristico è all’altezza del compito. Dei veri dottori. Forse, se posso fare una piccola critica, devono moderare il tono della voce allo scambio delle consegne, perché l’udito dei pazienti funziona eccome! Gli ausiliari sono instancabili ed inarrestabili nella pulizia degli ambienti e nell’opera di supporto. Dal primo all’ultimo, la mia più profonda riconoscenza. Gianpiero Dramisino
20/04/17 - 11:07 - Simona 
Da quando la seguo dottore mi si è spalancato un mondo, ora capisco di più me stessa e gli altri. Grazie.
24/06/16 - 18:14 - Silvia (Bari) 
Complimenti dr. Ruga per lo stile chiarissimo e l′esposizione impeccabile.
07/02/16 - 09:34 - Roberto Ruga 
CARDIOPSICOLOGIA: IL COLLOQUIO (Una sintesi del video) La cardiopsicologia promuove un approccio olistico alla salute, parte dal presupposto che vi sia una stretta relazione tra il corpo e la mente, e quindi tra le emozioni e il sistema cardiovascolare, fra tratti specifici della personalità e cardiopatie. Il sintomo viene letto in chiave simbolica: l’infarto può essere interpretato come una sorta di strangolamento degli affetti, che suggerisce un intervento terapeutico teso al recupero della centralità del “cuore” come regolatore della salute affettiva. La finalità dei colloqui psicologici è quella di migliorare lo stato di benessere psico-fisico, promuovendo nella persona un senso di fiducia nelle proprie capacità e un atteggiamento responsabile, quindi collaborativo. Il lavoro col paziente inizia con l’ascolto teso a cogliere il conflitto sottostante alla malattia. La dimensione psicologica interiore, fatta di ricordi, speranze e progetti, si manifesta nel colloquio, favorendo la presa di coscienza di un mondo emozionale che, con le sue dinamiche affettive, viene spesso zittito o represso. Capita spesso che nel conversare di eventi emotivi, l’aria si faccia gravida di immagini che emergono dal passato e sfiorano i compresenti come una leggera brezza, che lascia sensazioni impalpabili ma travolgenti: una madre amorevole, una nonna o un nonno che diceva una tale frase, il ricordo di un gesto, il simbolo denso di qualcosa che ora il paziente ricorda con precisione; tutte queste immagini trasfigurano il momento presente e iniziano a infondere un’energia nuova alle giornate del paziente. Ciò può avvenire sia prima che dopo l’intervento. In questo clima, il colloquio psicologico mira a squarciare il velo dell’apparenza, come una fiamma che illumina e da senso agli eventi. E’ la religiosa disciplina del dubbio, della riflessione che alimenta la complessità, per raggiungere una consapevolezza che si nutre di spazi ampi, visioni allargate, nuove. E’ il luogo del coraggio come risposta alla paura, della scelta eroica da quale parte stare. L’approccio empatico al malato prevede una concezione “centrata sulla persona”: ascoltare in profondità per capire la mappa mentale del nostro interlocutore, il suo sistema di credenze, capire i comportamenti e le loro cause, riuscire a percepire le emozioni vissute, i valori, le ideologie, le strutture mentali che il soggetto possiede e a cui si ancora. Tutto questo per offrire alla persona l’opportunità di ascoltarsi, di comprendersi e, se vuole, di cambiare. Roberto Ruga

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