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Roberto Ruga, Vibo Valentia


STRATEGICA-MENTE
Il mio modo di essere "strategico"


  In questo articolo illustro il mio stile psicoterapeutico ad impronta strategica. Lo faccio utilizzando una fitta serie di casi clinici costituiti da una domanda postami da parte di persone che richiedono un aiuto psicologico, ed una risposta da parte mia.
A volte, lo stile strategico sfuma in osservazioni di buon senso, dietro le quali però è sempre celata una valorizzazione delle potenzialità della persona sofferente.
Con i miei pazienti tendo ad usare molto l'interpretazione, ma in senso strategico, non solo lavorando sul significato simbolico del sintomo, ma ribaltando gli assunti e le convinzioni che hanno, e cercando di ridefinire in positivo, ciò che mi viene spacciato come una situazione problematica. A tal proposito, nella mia tesi di specializzazione in Psicoterapia Strategica dal titolo "Aerofobia, come superare la paura di volare", pubblicata sulla Rivista on-line "Quale Psicologia", n.28, nell'introduzione affermavo:

"A volte, però, invece di incoraggiarci, finiamo per svalutarci, e vediamo ovunque solo difficoltà e problemi. In tal caso, sviluppiamo una modalità negativa, da "pessimista", nell'affrontare ogni situazione che ci si presenta. Anche il linguaggio e la terminologia che scegliamo, per raffigurare le nostre difficoltà finiscono per essere viziati dal nostro "negativismo".
Un esempio: quando qualcuno dice "sono timido" non sta facendo altro che mettere in evidenza un proprio limite, una sua negatività. Dice di sé ciò che non è (non è estroverso, come magari vorrebbe essere). "Sono timido" è un'asserzione che negativizza chi la dice, lo svaluta. Se invece il nostro amico dicesse "sono riservato", avrebbe ridefinito in positivo lo stesso concetto.
Questa operazione di ridefinizione del significato, in psicologia si chiama ristrutturazione, dice a proposito Watzlawick:
"La mia tesi è che ogni psicoterapia efficace consista in un cambiamento riuscito di questo quadro di riferimento o, in altre parole, del significato e valore che una persona attribuisce a quel particolare aspetto della realtà che, in dipendenza della natura di questa attribuzione, spiega il suo dolore e la sua sofferenza. (…) questa definizione è essa stessa una ristrutturazione che crea una differente realtà".


Nella mia tesi, continuavo insistendo sul fatto di poter asserire che:

  "La ristrutturazione è una modalità tipica messa in atto dalle persone creative e "vincenti" che potremmo, semplificando, chiamare gli "ottimisti".

A questo punto, proponevo altri esempi di ristrutturazione, ricollegandomi infine alla personalità creativa:

"Se dico: "ci metto troppo a leggere un libro", non faccio altro che sottolineare la mia lentezza, quindi mi svaluto, metto in evidenza una mia negatività. Se invece dico "quando leggo, mi piace approfondire, soffermandomi spesso, riflettendo…ecc" allora ho ridefinito in positivo lo stesso concetto, mettendo in evidenza una mia personale modalità di lettura, riflessiva, di chi le cose ama farle bene.
Quante volte ci lamentiamo del traffico, come se fosse di per se stessa una situazione solo negativa. Potremmo invece riflettere sul fatto che se c'è traffico, vuol dire che la città in cui viviamo è viva.
Ristrutturare significa, quindi, ricollocare lo stesso comportamento in una cornice diversa, togliendogli il suo aspetto negativo, svalutante.
Usiamo un esempio un po' più complesso: "purtroppo io sono capace di amare solo in quel modo". Quante volte ci capita di sentir dire a qualcuno un concetto di questo tipo. Ristrutturandolo suonerebbe così: "mi piacerebbe essere capace di amare anche in un altro modo".
La ristrutturazione dà alla persona, la possibilità di intravedere nuove possibilità di soluzione al problema, attribuendo ora un aspetto piacevole all'obiettivo che prima era visto come problema. Ed i grandi problemi riguardano sempre i rapporti con le persone: "è mai possibile che ogni volta che incontro quella persona finisce che litighiamo?". Eccola ristrutturata: "chissà se un giorno riuscirò ad andare d'accordo con quella persona". Il problema resta lo stesso, ma ora l'obiettivo è più vicino e fattibile e soprattutto, la ristrutturazione operata, rompe il circuito vizioso della ineluttabilità del problema espresso dal complemento di tempo "ogni volta".
Tutta la nostra vita può essere ristrutturata. Se cambiamo la struttura dei nostri problemi, partendo dal linguaggio e dal modo in cui pensiamo alle situazioni che ci limitano, anche la personalità cambia, ed insieme ad essa la visione che del mondo abbiamo. Questo significa imparare ad essere vincenti. Il nemico da "vincere" è solo un'abitudine mentale che ci fa essere limitati, ristretti, negativizzati, rinchiusi in una vita bigotta e meschina perché umilia e comprime la nostra creatività e voglia di espansione.
Bene, questo discorso introduce il tema del presente lavoro, che vuole essere uno strumento nelle mani di chi ama sperimentare se stesso, utilizzando la propria parte creativa, che trae nutrimento e si alimenta di immagini mentali accuratamente scelte, che servono come autosuggestioni, che la persona creativa si infonde".


La mia "arte" strategica

Ora, vorrei proporvi alcuni esempi, il primo dei quali, tratto dal mio libro "Aldo Carotenuto: psicologia di uno psicoterapeuta", in cui spiego il mio modo di esercitare quella che Aldo Carotenuto amava definire "l'arte" psicoterapeutica. Lo faccio rispondendo per e-mail a persone che mi richiedono un aiuto psicologico, tramite il mio sito web personale: www.robertoruga.it. Ecco alcuni casi.





Caso n.1

Buongiorno, ho 49 anni e da molti anni soffro periodicamente, di crisi ansiose seguite spesso da periodi di leggera depressione. La cosa si manifesta principalmente con la continua ed impellente necessità di fare profonde inspirazioni; la sensazione è simile a quella provata quando, durante una corsa od uno sforzo, senti il bisogno di ossigenare e di "rompere il fiato". Il problema principale è che con gli anni, questo stato di cose è divenuto, perlomeno nei periodi pi negativi, un pensiero fisso e quasi ossessivo, che mi condiziona molto le giornate e le attività che svolgo.
Tutto iniziò nel lontano 1995 (all'epoca ero un discreto fumatore) quando casualmente vidi alcune tracce di sangue nell'espettorato, Ciò mi creò una notevole tensione e paura di avere qualche malattia polmonare; casualmente il fare dei respiri profondi mi dava una sensazione di sicurezza sul fatto di non avere niente, come poi è stato realmente. Da quel periodo il pensiero di dover fare questi respiri non mi ha praticamente più abbandonato, creando di fatto le situazioni ansiose sopra descritte. In genere, riesco a convivere con tale "problema" che pur presente, mi diviene secondario e controllabile; in altri periodi dell'anno diventa invece predominante, portandomi pian piano a situazioni quasi angosciose.
Ho seguito in passato dei corsi collettivi di psicologia presso la ASL della mia zona, oltre poi a praticare, dietro consiglio medico, periodi di cura con ansiolitici ecc. Non ho mai praticato seriamente un percorso da uno psicologo, cosa che intendo fare molto presto, visto che finora il problema non l'ho risolto. Quale è il vostro parere? Quali i consigli che potete darmi?
Grazie per la risposta.
Cordiali saluti,
R. M.


Risposta

Gentile Sig. M, il mio parere sulla sua condizione è che il tentativo di cura messo in atto da lei stesso (respirare profondamente) sia un'azione utile, ma solo fino ad un certo punto, però, tale azione diventa veramente utile se interpretata e capita a livello simbolico. Dunque, accingendomi a farlo, direi che il "respirare profondamente" può rappresentare, a livello simbolico, la sua necessità di crearsi (nel lavoro o nella vita affettiva) degli spazi più vasti, come accade ad esempio quando si ha una promozione in campo lavorativo e cose simili. Voler "respirare profondamente" potrebbe significare anche, che qualcuno accanto a lei è un po' "oppressivo e soffocante" e quindi le fa "mancare l'aria" o la limita nelle scelte che vorrebbe effettuare, o la costringe ad una vita al di sotto delle sue aspettative, facendola sentire non del tutto realizzato.
Il consiglio che mi sento di darle è di approfondire, con un lavoro psicologico, questa sua esigenza di "ampliare", qualcosa dentro di lei, andando a capire l'origine del suo malessere o della sua eventuale insoddisfazione sui campi più importanti. Anche l'ansia di cui mi parla, può essere l'espressione di potenzialità inespresse a causa di un ambiente che le "toglie il respiro". Ecco perchè è necessario capire l'origine dei suoi sintomi.
Per quanto riguarda l'assunzione di ansiolitici, sarei contrario poichè tali farmaci non farebbero altro che "soffocare" quella sua voce interiore che ha bisogno invece di essere amplificata ed ascoltata, ad ogni modo, l'eventualità di un aiuto farmacologico va stabilita dal suo medico curante. Naturalmente, immagino avrà fatto le necessarie indagini mediche per escludere eventuali cause organiche.
Cordiali saluti. Dr. Roberto Ruga.


In questo breve esempio, vorrei mettere in evidenza come la persona abbia scelto istintivamente una strategia "giusta" ovvero sensata, di risposta al proprio malessere, ma non sia ancora in grado di vedere il valore simbolico che essa possiede. Dunque, si tratta di valorizzare, ridefinendo in positivo quello che fa (respirare profondamente) dando anche un'interpretazione che "allarga" la visuale al problema stesso. Proseguo con una serie di casi che mettono in luce uno stile "strategico" di vedere i problemi che via via emergono.

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Caso n.2

Sono un padre in crisi. Ho una famiglia meravigliosa composta da me (anni 49), mia moglie (anni 46) due figli maschi di 21 e 17 anni ed un'adorabile femminuccia di 13 anni. Con mia moglie il rapporto è sempre stato buono e ci amiamo ancora come il primo giorno. Fino a 5 anni fa, in famiglia c'era una grande armonia poi, poco alla volta, con la crescita del primogenito le cose sono cambiate. Ha un carattere ribelle e non accetta nessun compromesso con la vita. Una cosa o gli va o non gli va, non esistono per lui le sfumature ed è così anche nei rapporti con la scuola e con la famiglia. All'inizio sia io che mia moglie abbiamo cercato in tutti i modi di fargli capire che stava sbagliando, ma non c'è stato nulla da fare. E' un ragazzo molto intelligente ed a scuola, oggi Università, potrebbe eccellere, ma non è così e dubito che sappia cosa vuole effettivamente. Da circa due anni frequenta una donna molto più grande di lui, ma non ci è dato di saperne di più. E spesso nervoso, irrispettoso delle regole in famiglia (rincasa spesso alle 4/5 del mattino) e soprattutto si sta dimostrando anche indolente. Quello che preoccupa ancora di più me e mia moglie è che anche il secondogenito sta lentamente ricalcando le sue orme. Eravamo una famiglia felice! Oggi siamo solo due genitori preoccupati di ciò che ci sta travolgendo e a volte anche fra di noi ci sono delle discussioni. Io personalmente le ho provate tutte, dalle buone alle cattive, ma nulla è valso. Peraltro mio figlio più grande non ha mai detto che vuole allontanarsi dalla famiglia, mentre quello più piccolo sta dicendo che vuole andare a fare l'Università a Milano (noi viviamo a Roma). Ho cercato di dare ai miei figli i sani valori della vita, soprattutto attraverso l' esempio di figlio, marito e padre affettuoso, premuroso e sempre in prima linea per gli altri. Dove ho sbagliato? Cosa potrei fare per aiutare i miei figli? Per ultimo, solo come informazione, aggiungo che otto mesi fa ho avuto un infarto, ma per i miei figli sembra che non abbia avuto nulla. Ringrazio anticipatamente tutti gli psicologi per i preziosi consigli che vorranno darmi e assicuro che li metterò in atto per recuperare l'armonia in famiglia. Con gratitudine a chi gestisce questo sito che permette a tanti di poter sperare. Francesco

Risposta

Sig. Francesco, la sua famiglia sembrerebbe ricca di aspetti positivi, anche se, ad un certo punto, una certa armonia sembrerebbe essersi perduta. E' un classico momento di crisi che però perdura ormai da tempo. Anche la sua età (49) mi fa pensare che lei stesso, al di la delle difficoltà riguardanti la salute, sia in un periodo critico (chiamato crisi della mezza età). Probabilmente la situazione critica che la sua famiglia sta vivendo, ha più di una causa, in più di uno dei suoi componenti, e questo è difficile valutarlo per me. Però, lei dice che anche tra di voi genitori, a volte discutete. Ecco, vorrei per un istante soffermarmi su questo aspetto che coinvolge solo voi due, come genitori preoccupati, che discutono su ciò che si dovrebbe fare per risolvere i problemi della famiglia. Ora, quando due genitori discutono, vuol dire che hanno punti di vista un po' diversi. Ciò che però conta è che il messaggio che viene recepito dai figli, è quello di una "indecisionalità" dei genitori, una sorta di incapacità a prendere le giuste decisioni, che genera un clima di incertezza, nel quale fiorisce spesso l'atteggiamento "ribelle" del giovane, alla ricerca di nuovi e più soddisfacenti punti di riferimento. Ciò che invece, secondo me sarebbe bene trasmettere ai vostri figli, è un messaggio di stabilità, di accordo e di armonia, almeno per ciò che riguarda la coppia genitoriale (sia all'interno del vostro rapporto, sia riguardo all'educazione dei figli). Diciamo che, in linea di massima, è difficile cambiare la mente di un adolescente o di un giovane, facendo prediche o discorsi vari. Ciò che più conta è l'esempio che si da. Perciò il consiglio che vi do è quello di lavorare sul vostro rapporto, cercando di riscoprire tra di voi, coppia genitoriale, una rinnovata e sicura armonia, la quale vi farà riguadagnare agli occhi dei vostri figli, il potere perduto e fungerà da attrattiva per tutti. Solo così guadagnerete quella giusta autorità genitoriale, che deriva dal fatto che voi, coppia genitoriale, siete in grado di stare bene e di creare benessere per voi e per i vostri figli, i quali, verrebbero invogliati ad ascoltarvi. Invece, succede che se i genitori litigano, non fanno altro che indebolire il loro potere e la "presa" su tutti i membri della famiglia. Sig. Francesco, sento che la sua speranza e la sua voglia di aggiustare un po' le cose, sono molto forti e questo è un ottimo inizio. Perciò sono sicuro che l'evoluzione e la crescita sia della coppia che dell'intero nucleo familiare, sarà pieno di soddisfazioni. Le faccio i miei migliori auguri sia per la sua salute fisica, che per quella psicologica. (21/04/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.3

Ciao...sono una ragazza di 18 anni.....io e il mio ragazzo stiamo insieme da sei mesi....credo di avere un problema....che non si è presentato solo con lui, ma anche con il mio ex...credo sia un problema psicologico, per questo mi rivolgo a voi....io e il mio ragazzo lo abbiamo definito blocco psicologico poichè c'è il desiderio da parte mia ... ma non riesco ad arrivare a fondo....il problema è che durante il rapporto sessuale, ma anche durante i preliminari, non riesco a dargli una "mano"....., mi scuso ma non trovo altra espressione per spiegare meglio. Avendoci riflettuto parecchio ho pensato che potesse essere la paura di deludere, ma con il tempo continuo a pensare che poi non sia veramente cosi. Il mio ragazzo non ci faceva molto caso all'inizio, ma ora i nostri rapporti risentono di alcune " novità"....e sinceramente vorrei provare ma nn ci riesco... a me dispiace tutto questo, cosi come a lui... Un altra domanda: questa situazione potrebbe essere collegata alla difficoltà di raggiungere l'orgasmo da parte mia? grazie...aspetto una risposta.... Eleonora

Risposta

Eleonora... quanti bei puntini! Impara da loro a sospenderti, a creare un clima di leggerezza, fluttuando insieme al tuo fidanzato alla ricerca di novità. Per arrivare fino al fondo, come dici tu, bisogna lasciarsi andare, cioè cadere. E per cadere in uno spazio vuoto, è necessario abbandonare i propri abituali punti di riferimento, per incontrare la vertigine (la sensazione di non avere più la terraferma sotto ai piedi). Questo, corrisponde ad un orgasmo psichico. Scusami Eleonora, se uso un linguaggio un po' oscuro, ma è il linguaggio degli innamorati: allusivo e ricco di rimandi. Ti consiglio una bella lettura: Eros e pathos di Aldo Carotenuto (bompiani). Inoltre puoi visitare il mio personale sito web, dove troverai un mio scritto (tesi di laurea) dedicato alla psicologia della seduzione. Buona fortuna... (14/04/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.4

Buongiorno, sono disperata! Le volevo chiedere (onestamente) se è possibile fare qualcosa per il mio problema per poi eventualmente iniziare una terapia. Ho 38 anni, dalla mia infanzia non ho mai avuto particolari interessi per le cose. Sono sempre stata estremamente sfaticata nel fare le cose, e quindi continuamente rimproverata ed umiliata. (ma non era scarsa volontà). Ogni volta che dovevo fare qualcosa (cucinare, curare il mio corpo, commissioni...) facevo una fatica bestiale, nonostante mi sforzassi. E quindi rimandavo sempre o lasciavo perdere se potevo. Anche per i piaceri, se comportavano uno sforzo minimo, ok, altrimenti dopo brevissimo tempo diventavo talmente irrequieta che lasciavo perdere. Quindi la maggior parte del tempo la trascorrevo stanca al letto senza far nulla, soltanto a ragionare su tutto, in attesa che finisse la giornata. Ma non era noia, aspettavo la fine della giornata disperatamente!! Questo ha condizionato la mia esistenza. Ora mi ha lasciata un ragazzo, ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Mi sono resa finalmente conto che ho un problema gravissimo. Ora come allora, mi ritrovo ad avere apatia totale per le cose, per le persone, non provo piacere per niente, non mi va nemmeno di sforzarmi per fare qualcosa di piacevole (uscire con le amiche, cercarmi un ragazzo...) anche se so che ho tutte le capacità, ma mi manca l'interesse di vivere. Mi isolo come da piccola e soffro tremendamente di solitudine. Ogni volta che esco o faccio qualcosa, solamente se vengo coinvolta intensamente, mi trovo bene, ma basta una frazione di secondo di calma o distrazione, che mi viene l'angoscia del tempo di nuovo. Mi sento una fallita e mi pesa fare o cercare qualsiasi cosa, anche piacevole perchè la mia mente è sempre rivolta al tempo. Quindi la mia motivazione non è fare qualcosa per il piacere che mi può dare, ma vivere e cercare di far qualcosa per trascorrere il tempo maledetto. Ovvio che così tutte le azioni mi mettono angoscia, fino alla disperazione e all'idea del suicidio. Mi può aiutare? Aiuto!!! Alessandra

Risposta

Cara Alessandra, tu stessa parli del tuo problema in termini di tempo: come trascorrere il "maledetto" tempo. Pensa che già molto tempo fa, il noto filosofo Kant, diceva che il problema essenziale per l'uomo era di come passare la metà della giornata, visto che l'altra metà, la si passa, in genere, dormendo. Credo pertanto che tu, Alessandra, ti possa sentire in buona compagnia, pensando che già altri illustri personaggi, tra poeti e filosofi, hanno condiviso le tue stesse angosce. Questo ti potrebbe far sentire un po' sollevata, ma per avere uno stato d'animo ancora migliore, l'unica cosa da fare è quella di iniziare una psicoterapia che punti alla valorizzazione delle tue capacità, soprattutto di quelle nascoste o che non credi di possedere. Ti ci vorrebbe, secondo me, un terapeuta molto empatico, che sappia prenderti per mano e accompagnarti in un viaggio affascinante quanto misterioso, nei meandri della tua interiorità, alla scoperta avventurosa di... te stessa. Quella vera personalità che viene ogni volta offuscata dalla ripetitività. Ti auguro, Alessandra, una terapia all'insegna della creatività: la tua! E poi, lasciati dire che Jung (il più promettente allievo di Freud) aveva notato che a 38 anni, succedono in genere, nella vita delle persone, cose straordinarie. Jung forse parlava proprio di te! Cari saluti. (07/04/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.5

Ciao sono un ragazzo di 22 anni con un grosso problema che ora mi sento di affrontare con qualcuno per poterlo risolvere se possibile. sono insieme con una ragazza da un anno. il nostro rapporto è sempre stato bello e coinvolgente sia dal punto di vista sessuale che da quello emotivo. gli voglio un bene dell' anima ma due settimane fa durante un normale rapporto sessuale ho sentito un brivido improvviso alla schiena e senza motivo improvvisamente mi sono bloccato ed ho perso l erezione. questo mi ha letteralmente bloccato ora perchè già due anni fa mi è capitata la stessa cosa con la mia ex ragazza. li però c era una situazione di continui litigi che mi ha portato a quello. con questa ragazza che ho adesso per i primi due mesi avevo paura di farlo con lei per paura che risuccedesse ma sono riuscito a superare subito e siamo andati avanti un anno senza nessun problema!! ma ora inspiegabilmente è ricapitato!! non ho problemi di erezione in un rapporto orale con lei o in generale con la masturbazione perchè riesco ad eccitarmi subito in fase di preliminari ma il problema inizia in fase di penetrazione!! quindi non penso di avere problemi fisici!! li per non so cosa perdo l erezione e preferisco non continuare!! la situazione mi angoscia ora!! con lei ho parlato e non mi preme e dice di rimanere tranquillo che comunque la situazione si risolverà perchè comunque mi vuole bene lo stesso ma non è che possa andare avanti cosi all' infinito! ho paura di perderla o che magari la respinga per superare il problema come ho fatto con la mia ex ragazza! ma so che cosi è solo un modo per scappare dai problemi!! ora però voglio risolverli!! ce da dire inoltre che fino a due mesi fa avevo il vizio magari di eccitarmi ancora con siti porno oltre che fare l amore con la mia ragazza!! mi rendo conto che stavo sbagliando e che magari mi stavo facendo un idea sbagliata sul sesso ma non vorrei che questo si collegasse a quello che mi succede!!! spero sia una cosa risolvibile perchè non voglio perderla!!! cosa devo fare??? Alessio

Risposta

Alessio, nel parlare di te stesso mi sembri molto sincero e disponibile nel farlo. E' per questo che mi viene spontaneo chiedermi fino a che punto a questa tua pronunciata sincerità verso gli altri, corrisponda una completa sincerità verso te stesso. Ma che significa essere sinceri verso se stessi? Significa non ingannarsi con un rapporto che è solo buono, ma non è "IL" rapporto della nostra vita. Ci vorrebbero alcune pagine per spiegare meglio quello che intendo. Ti dico solo che con il corpo è difficile mentire. Dunque se ci rendiamo conto che la nostra fidanzata è eccitante e coinvolgente allo stesso modo di un sito porno, forse dovremmo interrogarci sulla profondità del sentimento che nutriamo per lei, e chiederci se sia la donna giusta per noi. Questo, anche, significa non mentirsi. E il corpo non mente. (03/04/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.6

Io vengo da una famiglia difficile,con un padre che crede di essere onnipotente ed una madre debole. Mi hanno sempre criticato su tutto,mia madre mi ha sempre detto di non risponderlo ed io così ho fatto fino a poco tempo fa,quando ho capito che era sbagliato non controbattere. Lei ha avuto con me, fino a quando non le ho fatto capire ke sbagliava, un atteggiamento ossessivo, mi chiamava in continuazione, mi stava sempre a guardare e criticava in continuazione. Io oggi soffro di alcuni problemi nell'ambito interpersonale:non riesco ad essere me stessa come veramente sono;a volte vorrei dire delle cose ma mi blocco per paura di sembrare ridicola, ho un atteggiamento evitante ma io non sono così realmente. A chi dovrei rivolgermi per farmi aiutare, uno psicoanalista, uno psicologo cognitivo-relazionale, o qualcun' altro? Aiutatemi non so più che pesci prendere. P.S. Ho venti anni e la mentalità chiusa di mio padre mi ha impedito di avere storie con ragazzi, di rapportarmi (in generale) normalmente con le altre persone. Grazie. Alicia

Risposta

Cara Alicia, dall'uso che spesso fai delle virgole (omettendo lo spazio dopo di queste) posso approssimativamente dedurre la problematicità della tua situazione e insieme una possibile soluzione. Il problema è appunto la mancanza dei TUOI spazi, e il dover sottostare ad un padre-padrone che ormai è del tutto anacronistico per la tua evoluzione psicologica. E veniamo alla soluzione: creare spazi. Per spazi, non intendo certo quelli che spesso ometti dopo alcune virgole, ma soprattutto quelli interiori. Mettere i giusti spazi tra te e gli altri, significa riuscire a definire la tua identità e ad affermarla. Ciò equivale ad autonomia e indipendenza. Alicia, scegli pure il professionista che senti TU più vicino a te e non per la scuola a cui appartiene, ma per le sue doti umane. E lavora sulle tue. Auguri. (03/04/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.7

Ho 20 anni e sono ancora vergine, ho provato molte volte a fare l'amore con la mia morosa ma niente da fare, al momento di inserire il preservativo perdo l'erezione, non so cosa fare. Questo problema continua e ora sono super agitato quando sono con la mia morosa. Cosa devo fare? Andrea

Risposta

Andrea, dal tuo racconto sembra che il problema sia focalizzato esclusivamente sul momento cruciale dell'inserimento del preservativo. Come psicologo, ho l'impressione che se ci focalizziamo troppo sui motivi tecnici e pratici, riguardanti la manualità ed il gesto dell'inserimento, rischiamo di perdere di vista ciò che potrebbe essere il vero motivo del tuo "ritiro" di fronte alla tua compagna. Provo a tradurre ciò che accade nella tua esperienza: una volta raggiunta l'erezione è come se tu dicessi alla tua compagna "sono pronto, adesso facciamo sul serio", ed ecco che allora, il tuo corpo decide che la cosa non si deve fare. Un tale ritiro, potrebbe essere collegato ad un problema di accettazione da parte della tua compagna. Accettare, significa accogliere l'altro al di là della prestazione che ci si aspetta da lui. Significa complicità e intimità, con o senza un cappuccio di lattice. Auguri. (22/03/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.8

Ho un grave problema, ma non so come risolverlo. Ho 21 anni, sono alta 1.68 cm e peso 56 kg. Da circa 5 anni non faccio altro che abbuffarmi per poi andare a vomitare o in altri casi assumo grandi quantità di purghe. Questi improvvisi attacchi di fame mi vengono sempre la sera verso le 20.00. Da cosa dipende? Come posso risolvere questo problema? Vi prego aiutatemi sono sull'orlo di una crisi Ludovica

Risposta

Ludovica, credo che la "puntualità" dei tuoi attacchi di fame, ci debba far riflettere sul significato che l'attacco stesso può avere. Sembra che la crisi a cui tu faccia riferimento, debba inscenarsi alle 20,00 una sorta di ora x che fa scattare un meccanismo che oserei chiamare inconscio. Il mio parere è che bisognerebbe lavorare un po' sul significato simbolico di questo particolare momento della giornata. Forse per te rappresenta qualcosa di legato ad un evento oscuro della tua infanzia. Prima però di fare qualsiasi ipotesi, è necessario approfondire con l'aiuto di un esperto, i vari significati che il sintomo può assumere. Un consiglio che ti do è di visitare il mio sito: www.robertoruga.it dove potrai trovare del materiale utile ad una riflessione psicologica e ad ulteriori approfondimenti. Cordiali saluti. (06/03/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.9

Salve, sono una ragazza di 23 anni e da 5 anni soffro di depressione. Inizialmente sono andata da una psicologa e sono stata un po' meglio ma non bene. Così ho iniziato a prendere l'entact ma stavo sempre male. Sono poi andata da uno psichiatra per 3 mesi e prendevo il cipralex, stavo abbastanza bene e ho smesso. Ora sono passati circa 10 mesi e sto nuovamente male e sono arrivata al punto di pensare che non ci sia più niente da fare. Vorrei stare sempre a letto e mi fatica fare tutto. Come mai passato un periodo di tempo dalla sospensione di uno psicofarmaco torno a star male? Non so cosa fare, dovrei andare in terapia? Se si non so proprio da chi andare e questo mi blocca anche ho paura che nessuna possa aiutarmi e che io sia destinata a questa esistenza.....grazie. Stefania

Risposta

Stefania, se il farmaco ti fa stare solo momentaneamente bene, ciò a mio avviso significa che il problema è profondo e non può essere risolto esclusivamente con una terapia farmacologica. Ti consiglio di rivolgerti ad uno psicoterapeuta per andare un po' più a fondo e sviscerare il malessere che ti blocca, paralizzando ogni tuo slancio vitale. Potresti trovare interessante visitare il mio sito www.robertoruga.it poichè è ricco di spunti che invitano il lettore a riflettere su se stesso, per trovare potenzialità nascoste e sopite. Ti auguro di riuscire a dare un senso a questa esperienza che stai attraversando. Un forte in bocca al lupo. (20/02/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.10

Buongiorno. Sono una ragazza di 27 anni. Al termine di un periodo lavorativo intenso ma con esiti positivi (dai quali tuttavia non ho tratto particolare soddisfazione) ho avuto un crollo psico-fisico del tutto inatteso. Durante questa fase avevo difficoltà a mangiare, coliti frequenti e sensazione di nausea ed angoscia già dal risveglio. Nel giro di un paio di settimane sono riuscita a riprendermi del tutto, per poi ricadervi dopo poche settimane. Questa volta, tuttavia, accanto alle medesime manifestazioni provo occasionalmente dei momenti di fortissima angoscia in cui ho una forte paura (ma non l'ho mai fatto!!) di poter giungere a farmi male da sola fisicamente. Non capisco perchè e queste "scariche" mi lasciano del tutto snervata e con un grandissimo senso di colpa. Ho anche timore di avere un atteggiamento sbagliato nei confronti di queste emozioni e, non ultimo, di rivolgermi ad un medico in quanto equivarrebbe ad ammettere di avere problemi che non so gestire. Grazie per l'ascolto. Sara

Risposta

Ciao Sara, la mia impressione è che il tuo malessere psicofisico scaturisca da una delusione. La delusione di non aver tratto dal tuo lavoro, malgrado i grossi sforzi, la soddisfazione che ti aspettavi, il giusto appagamento personale che ci gratifica dai nostri sforzi e ci spinge ad andare avanti e fare di meglio. Anche il senso di colpa, credo, scaturisca da ciò. Ti senti in colpa, forse, di esserti privata di tante altre cose per raggiungere il tuo obbiettivo, ma questo poi, alla fine, non era quello che volevi. Non sarà certo questo episodio la causa principale dei tuoi malesseri, ma sicuramente è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Infine, circa la seconda parte del tuo messaggio, posso dirti che, riuscire a riconoscere a se stessi di avere un problema, è già per buona parte, la risoluzione del problema. Affidarsi ad uno psicoterapeuta ti aiuterà, nel tempo a rimuoverne le cause. (05/02/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.11

Salve...vi scrivo perchè credo, anzi sono certa, di avere un "grave" problema. Non so come mai ma da qualche tempo, più di un anno, soffro di un particolare tipo di paura: quella di arrossire in pubblico. Premetto che non sono mai stata timida, anzi sono conosciuta come la ragazza che dice sempre tutto ciò che pensa senza problemi, ma da qualche tempo arrossisco per ogni minima cosa che mi si rivolge; se qualcuno viene a trovarmi mi sento in imbarazzo, se rivedo persone che non vedo da un po'....insomma di fronte a chi mi porge la minima attenzione, questo succede....anche con i parenti....con tutti....credo di avere qualche problema e non so come fare per sapere cosa c'è che non va in me!! Non ne capisco la fonte e, dopo le innumerevoli figuracce davanti agli altri per arrossamento, mi sto chiudendo sempre di più in me stessa, senza uscire, dialogare... Ho cercato di affrontare il problema....andando in contro alle situazioni più imbarazzanti, ma non riesco a controllare il mio rossore stupido e inutile! Inoltre studio giurisprudenza, ho 25 anni e tra un anno dovrei finire....credo che questo mi causerà troppi problemi...ho sentito dire che non esiste un rimedio..!! Avrei proprio bisogno di parlarne con qualcuno, con un professionista sul campo, ma le sedute costano ed io, purtroppo, non me lo posso permettere. Spero pertanto di ricevere una vostra risposta che possa in qualche modo aiutarmi a capire e soprattutto a sbloccarmi, perchè ho paura di cadere in depressione!! Vi ringrazio anticipatamente per le vostre risposte che attenderò pazientemente!! Michela

Risposta

Gentile Michela, il suo rossore è l'espressione somatica, cioè corporea, di un'emozione che non ha modo di esprimersi in altro modo. E' probabile che in una qualche sfera importante della sua vita (studio-lavoro, famiglia, relazione di coppia, ecc...) lei stia "accumulando" troppo, senza avere una adeguata valvola di scarico per fare fluire liberamente l'eccesso di energia accumulatasi. Il mio consiglio è quello di trovare una via di sfogo per questa energia in eccesso. Potrebbe giovare la palestra, o meglio uno sport come le arti marziali. Ma credo, che il miglior modo di scaricare la sua tensione, possa essere quello di incanalare la sua energia in una relazione di coppia proficua e soddisfacente. Certo, non è facile, soprattutto se (e questa è solo una mia intuizione-ipotesi) manca la capacità di innamorarsi. Il mio augurio è che lei possa trovare in se stessa, questa rinnovata capacità di abbandonarsi con fiducia agli altri, per innamorarsi non solo di nuove persone, ma anche di nuove attività. Auguri (28/01/2008) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.12

Buon giorno sono la mamma di Alexandra. Ho bisogno di comprendere un atteggiamento di mia figlia di 6 anni. Lei quando è stanca, o quando io e mio marito bisticciamo, cerca di fare "cavallino", infatti adora andare a cavallo. Ciò che chiamo "cavallino" mi sembra un atteggiamento non di gioco, ma un massaggiare le parti intime. E' normale, e cosa devo fare o dire quando lo fa? Mio marito si arrabbia con lei, io cerco di farla smettere distraendola. Cosa possiamo fare? Stefania

Risposta

Gentile signora Stefania, l'atteggiamento di sua figlia Alexandra, come lei stessa sospetta, probabilmente non ha a che fare con il piacere del gioco in senso stretto, ma piuttosto con un altro tipo di piacere. Direi (e questa è una mia ipotesi) che ad Alexandra vien voglia di giocare a "cavallino" soprattutto quando vede i genitori "bisticciare" o quando lei stessa è "stanca". Ho messo volutamente tra virgolette i due termini, perchè, secondo me, nascondono una possibile soluzione alla sua domanda. Vale a dire, il comportamento di sua figlia ed il gioco stesso, nascondono un significato simbolico ed una valenza allusiva che rimanda un messaggio a voi come coppia genitoriale. Il messaggio potrebbe suonare questo: "mamma e papà, non litigate, giocate anche voi, come me, a cavallino...". Cara signora Stefania, non vorrei sembrare indelicato, ma probabilmente, sua figlia percepisce a livello inconscio che tra mamma e papà, qualcosa si è spento, un po' come "stancato", e l'afettuosità e la passionalità di una volta, hanno lasciato il posto alla routine e alla ripetitività. Purtroppo i bambini sono molto sensibili e sanno cogliere il non-detto nelle relazioni, e così, per aiutare i loro genitori, possono inconsapevolmente mettere in scena un "gioco" che in realtà è un messaggio diretto ad aiutare i genitori stessi, suggerendo loro una possibile risposta ai loro problemi. E qui, la risposta è l'amore. Ovviamente per amore possiamo intendere anche l'armonia generale tra tutti i membri della famiglia (non a caso lei dice che suo marito si arrabbia con Alexandra). Il mio consiglio è di mostrare a vostra figlia che tra voi genitori c'è affetto, ma anche sensualità, così Alexandra potrà imparare, osservandovi, che un piacere solo fisico (come il suo durante il gioco) può essere potenziato se completato da un piacere anche psicologico o spirituale (come testimonierebbe il vostro volervi bene). Mi scuso se la mia spiegazione può risultare un po' oscura, spero di essere stato sufficientemente chiaro. Per ulteriori approfondimenti in tema di psicologia, può visitare il mio sito: www.robertoruga.it Cordiali saluti (28/12/2007) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.13

Salve, mia sorella per anni ha fatto uso di cocaina, adesso dice di aver smesso ma ha dei comportamenti paranoici, un' amplificazione degli stati emotivi, reazioni esagerate. Cosa succede mentalmente ad una persona che ha usato tale droga e (se è vero) non ne fa più uso? Angela

Risposta

Cara Angela, lei si domanda cosa succede mentalmente a chi, come sua sorella, ha usato una droga come la cocaina. Io credo che a questa domanda si possa rispondere in due modi. Uno, esponendo e spiegando gli effetti fisici e psichici della sostanza in questione. In tal senso, credo non le sarà difficile consultare dei testi (anche internet stesso) e farsi una "cultura" sulla cocaina. Penso anche, però che ci sia un modo diverso di intendere la sua domanda: "cosa succede a mia sorella, cioè cosa ne è (o ne sarà) di mia sorella...". Direi che lei giustamente si preoccupa per sua sorella e si pone delle domande riguardo alla sua capacità di superare tale brutta esperienza, su un piano psicologico. Ora, questo mi fa pensare, che dietro alla sua preoccupazione, ci possa essere la paura che sua sorella non sia all'altezza di farcela e che lei stessa, cara Angela, non si senta idonea ad aiutarla. Dunque, se la sua domanda è mossa da questa paura, le chiederei di rifletterci sopra e di rendersi conto che lei è probabilmente la persona più idonea ad aiutare sua sorella. E, forse, il senso di ciò che succede, è la creazione di un nuovo rapporto tra di voi. Un rapporto basato sulla condivisione di esperienze profonde, e sul ritrovarsi insieme, e proprio per questo, più forti di prima. Cara Angela, le auguro di tuffarsi con entusiasmo in questa "missione", alla scoperta di una persona che forse non conosce ancora, o che non ha mai conosciuto. Colgo l'occasione per augurarvi Buone Feste, e la invito a visitare il mio sito: www.robertoruga.it (18/12/2007) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.14

Buongiorno sono sposata da 7 anni e ho delle difficoltà con mio marito. Le cose procedono a picchi buoni e picchi brutti. Il rapporto tra me e lui si inclina sempre quando la sua mamma invade gli spazi. Decide lei tutto. Cerca di prevalere anche su di me, oltre che far cambiare spesso l'idea a lui: se io e mio marito diciamo che vogliamo il divano o grigio scuro o bianco, arriva lei e dice grigio chiaro, infatti il divano è grigio chiaro. Lui non se ne accorge che lei è tra di noi. Lui è sempre nervoso se li sente o li vede. Mi esclude da lui e da loro. Ed io ora non so come fare per continuare a stare con lui ... ho prova di tutto. Ma ... ho bisogno di un consiglio. Anche perchè è sempre arrabbiato con me e nostra figlia. Aggiungo che anche con la piccola, che ora ha 6 anni, è diventato un po' burbero. I rapporti non sono belli neanche tra mia figlia e la nonna, perchè lui non riesce o non vuole creare un rapporto, anche se lo pretende. Sono solo io che parlo un po' dei nonni paterni con mia figlia. E' come se lui non vuole sopportarli e li scarica a noi, perchè questa idea????? Perchè se io ho una ricorrenza, non gli ricorda che esistono anche loro, lui si dimentica e non li chiama o non li va a trovare. Credo che lui voglia o me o mia figlia per subire ciò che lui non sopporta, cioè le domande di sua mamma. Possibile o è una mia interpretazione errata??? Se andiamo da loro a trovarli mio marito si "nasconde" in bagno per 30 minuti o davanti alla tv. Quindi chi deve intrattenerli sono io o mia figlia. Sbaglio. Ho bisogno di consigli, sbaglio a pensare così??? Sono stufa di avere questo rapporto così agitato. La mia storia inizia con 10 anni di fidanzamento dove ero trattata dai miei suoceri come una figlia ed ora non vogliono che io prenda nessuna decisione. Fanno fatica a dare a noi potere di decisione, su tutto. Non so se sono io a pensare male, come mi accusa spesso mio marito. Grazie di tutto. Elena

Risposta

Gentile signora Elena, direi che per il caso di suo marito, potrebbe essere utile una psicoterapia a carattere junghiano, che affronti in maniera radicale le problematiche relative all'individuazione e alla separazione (dalla madre). Tuttavia, il problema non può essere liquidato scaricandolo solo su un membro della coppia. Infatti, quando ci si innamora e si sceglie qualcuno, lo si fa secondo meccanismi parzialmente inconsci, che ci sfuggono ma che hanno il loro senso. Allora, credo sia importante capire le proprie dinamiche interne, inerenti la "scelta" che abbiamo compiuto, rispetto ad un uomo, che magari in quel momento soddisfaceva una nostra esigenza psicologica inconscia. Per dirla in altri termini, credo sia necessario per Lei, riflettere sulle modalità della sua scelta e sulla necessità di avere bisogno proprio di quel tipo di uomo... almeno finora. Ecco, appunto, finora. Forse adesso, Lei sente di essere "cresciuta" rispetto al suo compagno, che invece è rimasto in una fase adolescenziale. La prego di prendere queste mie ipotesi, come spunto per delle ulteriori riflessioni, e magari in vista di un lavoro che mi auguro svolgerà su se stessa, e non come delle verità assolute. Se vuole approfondire alcuni argomenti di psicologia della coppia, può visitare il mio sito: www.robertoruga.it . I miei migliori auguri. (14/12/2007) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.15

Salve, volevo porvi una domanda, credo che il mio problema sia il vaginismo dopo aver letto l'articolo sul vostro sito ed anche a seguito di una visita ginecologica mi è stato detto che il mio problema è a livello psicologico. Volevo sapere a chi posso rivolgermi x risolvere il mio caso in poche sedute. Premesso che abito nella zona di Bari e provincia. Grazie e distinti saluti

Luna Risposta

Gentile signora Luna, se la sua diagnosi di vaginismo è corretta, dovremmo chiederci il suo senso o la sua ragione di esistere. Infatti, un problema psicologico, ha sempre la sua "utilità", potrebbe ad esempio coprire e mascherare una paura irrazionale del rapporto con l'altro, vissuto inconsciamente in maniera ambivalente e minacciosa. Ecco perchè le suggerisco una psicoterapia che miri a cogliere il significato profondo del suo sintomo. Nella zona di Bari non conosco colleghi che potrebbero occuparsi del suo caso, ma se vuole, può consultare il mio sito: www.robertoruga.it e richiedere una consulenza on line. Le faccio comunque i miei migliori auguri. (13/12/2007) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.16

Ho un bambino di quasi 8 anni, a scuola ha la media del distinto ma ad ogni colloquio emerge lo stesso problema, fin dal primo anno della scuola materna: si fa trascinare dai bambini più vivaci, parla a voce alta, si distrae facilmente per chiacchierare perdendo la concentrazione sulla lezione in corso o al momento del pasto (questo succede anche a casa) e interrompe spesso l'insegnante per raccontarle qualcosa di personale. Quando viene rimproverato si mortifica diventando tutto rosso, a volte piange e comunque non persevera negli atteggiamenti sbagliati. Non e' insomma un elemento di disturbo per la classe ma, pur essendo molto bravo, a detta degli insegnanti, se chiacchierasse meno potrebbe dare molto di più. Noi siamo contenti di lui, ma la sensazione e' che l'insegnante pretenda il massimo perchè "lui può" mentre noi non pretendiamo lo stesso. Siamo combattuti se stimolarlo a dare di più perchè lo dice l'insegnante quando a noi piacerebbe gratificarlo e fargli capire che il suo rendimento quasi ottimo ci inorgoglisce e magari aiutarlo a controllare questo desiderio continuo di parlare. Sembra un problema di autostima, anche il fatto che ceda ai continui stimoli dei compagni più vivaci. Spesso regala le sue cose (gomme, figurine, etc.). E' sempre stato generoso ma a volte penso che si tratti di un modo per farsi accettare. E' un bambino apparentemente molto allegro ma spesso sento in lui e nel suo atteggiamento uno stato di agitazione irrefrenabile. Sicuramente stiamo sbagliando in qualcosa ma non capiamo in cosa. Tutti ci dicono che è un bambino ubbidiente ed educato, ma perchè a scuola si comporta cosi? Io e mio marito abbiamo un metodo educativo in accordo tra noi e che ci pare equilibrato, anche se, fra i due, lui e' più accondiscendente e io un po' più severa. Parliamo tanto tra noi e con lui e abbiamo delle regole che non fatica a rispettare. Non ha mai fatto capricci o scene isteriche se non veniva accontentato in qualcosa, ha sempre capito quando si trattava di un no deciso! E non insisteva troppo per ottenere ciò che non poteva avere, sempre con le dovute spiegazioni. Le nostre punizioni non sono mai corporali ma, seppur "rare", sempre legate alla privazione di un qualcosa a cui tiene come lo sport o un gioco. (gli piacciono molto i giochi tecnologici, come al papà, e spesso sono complici in questo e io mi sento un po' la figura "cattiva" che deve dare delle regole ed un freno su questa passione ad entrambi affinchè non ne abusino). Forse dovremmo gratificarlo di più...non so...sento che dobbiamo correggere il tiro ma non so in che punto. Se mi guardo intorno vedo bambini molto più problematici del mio ma se ho questa sensazione e anche gli insegnanti lamentano questo problema dell'eccessiva distrazione e la parlantina forse è il caso di fare qualcosa. Soprattutto per il suo bene. Vorrei che non crescesse con delle fragilità che potrebbero indurlo in futuro a seguire cattive compagnie per mancanza di carattere e autostima. Tra poco arriverà un fratellino che lui attendeva da tanto tempo, ma, nonostante ciò, temo che il suo arrivo possa destabiliazzarlo ulteriormente. Non so se sia il caso di chiedere una consulenza psicologica di persona, ho paura di turbarlo. Scusi il poema. la ringrazio per l'attenzione. Cristina

Risposta

Gentile Cristina, Le faccio i miei complimenti per il bel "poema" che ha scritto. Alla Sua dettagliata descrizione del caso, vorrei rispondere in maniera estremamente sintetica, anche perchè ho letto gli interventi dei miei colleghi e mi sembrano sufficientemente esaustivi. La vorrei solo invitare a mettere in relazione le problematiche del suo bambino, con il rapporto tra Lei e Suo marito/compagno. Questo significa che modificando il vostro rapporto di coppia, potreste modificare il comportamento del vostro bambino. Ora, forse voi sarete già una coppia affiatata. Bene, in tal caso il mio consiglio è quello di "mostrare" al piccolo quanto vi vogliate bene. Fateglielo vedere più spesso e questo sarà per lui una formidabile iniezione di autostima. Per ulteriori chiarimenti, può visitare il mio sito: www.robertoruga.it La saluto cordialmente. (12/12/2007) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.17

Salve, temo che mio figlio di 5 anni soffra di un disturbo comportamentale. Dalla nascita del suo fratellino (2 anni fa) è diventato molto geloso, irascibile, ossessivo. A volte mi guarda di traverso e, se gli sorrido, mi urla che non devo ridere (come se lo stessi prendendo in giro). I suoi amichetti gli si avvicinano e lui sembra non voler/poter ricambiare l'affetto... Soprattutto è molto irascibile, fa capricci per niente (vere crisi isteriche), non credo sia tutto imputabile alla gelosia nei confronti del fratello, verso il quale mostra pertanto affetto (si preoccupa per lui se piange). Le maestre mi hanno solo parlato di "capricci e litigiosità" e nient'altro. A livello linguistico non ci sono grossi problemi, a volte balbetta un po', e si infuria quando non riesce a esprimersi o ha l'impressione che non lo capiamo. Inoltre provoca continuamente, come se cercasse continue occasioni di scontro, specie con me. Il mio istinto di madre mi consiglia di approfondire, mi appello prima a Voi psicologi per avere suggerimenti ulteriori. Grazie. Valeria

Risposta

Signora Valeria, a volte i bambini di soli 5 anni, possono essere molto perspicaci. Probabilmente questo è il caso di suo figlio, che "legge" nel suo sorriso una piccola finzione, una sorta di messa in scena per rassicurarlo. Dunque, a ragione, si sente preso in giro. Naturalmente, lei gli vuole bene e questo lo diamo per scontato, ma probabilmente il problema è che la sua sensibilità gli consente di notare che nel sorriso della madre c'è un qualcosa di falso. Dunque si arrabbia. Credo che (ma questa è solo una mia ipotesi) i sentimenti che Lei come madre nutre nei confronti di suo figlio, siano vissuti dal piccolo come ambivalenti. Il suggerimento che le posso dare è quello di elaborare con l'aiuto di un esperto tali vissuti nei confronti del bambino e di coinvolgere, se possibile, anche la figura paterna, in modo da far sentire al bimbo che ci sono due genitori che gli vogliono bene e che si vogliono bene. So di aprire uno scenario ben più vasto e complesso, in bocca al lupo. Se vuole, può contattarmi attraverso il mio sito web: www.robertoruga.it (11/12/2007) Dott. Roberto Ruga

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Caso n.18

"Salve ho 39 anni sposata da 3, ho sofferto per un anno di attacchi di panico curati e risolti, ma da un anno e mezzo a questa parte ho il totale rifiuto di rapporti con mio marito. Ho una sorta di repulsione che no riesco a spiegarmi e non mi era mai successo. Naturalmente questo non accade solo con mio marito, non ho proprio desiderio sessuale a prescindere. La cosa sta cominciando a pesarmi pensavo fosse solo un periodo ma più vado avanti e peggio è. Avrei bisogno di un consiglio anche perchè dalle mie parti, pur cercando non c'è un esperto in materia. Grazie mille e buon lavoro. Maria – Fermo

Risposta

Gentile signora Maria, ciò che scrive è un po' troppo generico e non mi è possibile risponderle in maniera adeguata. Le posso solo suggerire di leggere qualcosa sul tema del calo del desiderio. Ancora meglio, sarebbe approfondire le dinamiche psicologiche che sottendono il rapporto di coppia e quell' affascinante mistero che è l'altro, cioè suo marito. Un libro come "Eros e pathos" di Aldo Carotenuto, potrebbe aiutarla in questo. Il fatto che scrive così poco, non accennando a nulla di personale, mi fa supporre che abbia una certa difficoltà ad "aprirsi". Forse, dunque, il suo è un problema di apertura? E con questo termine, mi riferisco soprattutto a quell' "elasticità" psicologica che ci consente di aprire il nostro essere, dilatando gli orizzonti del proprio desiderio, verso scenari più ampi, che comprendono una estensione dell'erotismo. Se si riscopre a guardarsi in maniera più seducente, forse potrà riconquistare se stessa e solo dopo, l'altro. Auguri RR

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Caso n.19

Sono una ragazza di 27 anni e ho bisogno di sapere se sono malata. Studio per diventare esperta dei processi formativi, ma solo da qualche tempo mi sono accorta che alcune nozioni di psicologia potevano da tempo rivelarsi d'aiuto. E' da quando sono piccola che mi auguro che un incidente mortale mi strappi alla vita. Ho pensato più volte al suicidio, ma non ho il coraggio di farlo. Quello che sento è una sensazione di nullità, apatia e la sensazione di portarmi dietro un peso: quello di aver da sempre deluso i miei. Ho anche malesseri fisici come emicranie, mal di stomaco, debolezza, irrigidimento dei muscoli di spalle e schiena. Rispondetemi, grazie - Valentina

Risposta

Cara Valentina, credo di poter riformulare la tua richiesta in questi termini: "aiutatemi a liberarmi dei miei genitori". Sono loro che tu dovresti metaforicamente uccidere dentro di te. Ciò equivarrebbe ad una separazione per te necessaria, dunque ad una nascita psicologica: la tua. Ci sarebbe naturalmente da elaborare il lutto per la perdita di un oggetto così "familiare" , quindi una fase depressiva. Il premio finale è la tua rinascita. Innamorarti di qualcuno, in questi casi dovrebbe aiutarti a depotenziare l'influsso esercitato dai tuoi genitori. Come accade nelle fiabe, il principe azzurro strappa via la fanciulla dalla sua monotona vita... Ti consiglio una lettura: "Il mondo incantato" di B. Bettelheim (Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe), feltrinelli. Puoi visitare anche il mio sito ricco di spunti per la riflessione: www.robertoruga.it Valentina, a 27 anni è un po' presto per farla finita. Aspetta almeno altri dieci anni. Con affetto RR

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Caso n.20

Messaggio: salve sono Valentina, la ragazza a cui ha risposto nel sito psicolgi-italia. Chiedevo di darmi un consiglio circa la mia situazione per capire se fossi malata. Mi ha consigliato di vedere qualcuno. Al momento frequento una persona che mi è molto vicina e mi ama, a cui ho parlato di questo mio disagio che è venuto fuori nuovamente dopo aver smesso di bere, sniffare e dopo un aborto. Credo di portarmi troppo dentro ma non so come superare questo mio stato. Tra l'altro da due anni non riesco a concludere gli studi e non faccio altro che fossilizzarmi su quanto mi ripete mio padre da anni: non riesco mai a portare nulla a termine. Mi aiuti a venirne fuori. Il solo parlarne mi da ansia. Grazie

Risposta

Cara Valentina, mi fa piacere avere tue notizie. Mi sembra di capire che il problema principale sia la sensazione di nullità e di apatia che ti assale. Vieni accusata di non portare mai a termine certe cose. Bene, intanto è una fortuna che tu non porti a termine alcune attività come bere e sniffare. Poi, ci sono altre cose che invece varrebbe la pena portare a termine come ad esempio gli studi, ma soprattutto la conoscenza di te stessa. Direi che su quest'ultima attività tu sola sei la vera esperta. Un po' come tu sola sei padrona di portare a termine la tua vita oppure no. Valentina, il sapere di poter portare a termine qualcosa oppure no, ci fa sentire padroni di noi stessi. E forse tu avresti bisogno di sentire che la tua vita è nelle tue mani. E questo è un bene. Non è un bene invece delegare ad altri (come i genitori) la causa del nostro benessere o malessere. Se il parlare della tua condizione ti dà ansia, è anche questa una cosa buona, perchè l'ansia è una fonte di energia che ci aiuta a compiere un lavoro utile. Nel tuo caso è un lavoro di autoconoscenza e di approfondimento. Devi solo canalizzare questa energia alimentata dall'ansia, verso attività a te utili. In questo, solo tu, ripeto, sei l'esperta. Non accettare consigli dagli altri, cerca in te stessa le risposte e la strada da seguire. Nutrire la parte affettiva è importante. Avere una persona che ci vuole bene è fondamentale per sentirsi pronti a compiere un lavoro su se stessi. Credo, Valentina che un ottimo modo per iniziare a star meglio, sia riuscire a parlare di te stessa con una persona che ti possa ascoltare e capire. Se ti appassionerai a questa nuova attività e diventerai pian piano esperta in questo, vedrai che le risposte affioreranno dalla tua interiorità, spontaneamente. Valentina, ti faccio i miei migliori auguri e resto a tua disposizione nell'eventualità che tu volessi ancora contattarmi attraverso il mio sito. RR

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Caso n.21

"Salve, sono una ragazza di 21 anni e da circa un mese e mezzo ho cominciato ad avere attacchi d'ansia improvvisi... La prima volta mi è capitato dormendo a casa di amiche, mi giravo e rigiravo senza prender sonno e a un certo punto mi sono sentita il cuore che batteva all'impazzata, mi sentivo debole, come se non avessi il controllo del mio corpo, e ovviamente spaventatissima da questa cosa inattesa... Dapprincipio si era calmato in fretta, per poi però ricominciare per un tempo parecchio più lungo... Dopo questo episodio ho fatto vari controlli medici (pressione,elettrocardiogramma) da cui però non è risultata alcuna anomalia... al che, anche parlandone con amici a cui era successo qualcosa di simile, sono giunta alla conclusione che si trattasse di un attacco di panico, probabilmente dovuto al forte stress che sento al momento (mi sto per laureare, mi mancano tre esami e il tempo stringe...soprattutto per gli obiettivi che mi ero prefissa). Insomma la situazione si è poi ripresentata, in misura più lieve, più o meno un mese dopo...e di lì, altre due volte, più ravvicinate... l'ultima proprio stanotte, in cui sembrava tra l'altro che nessuno dei modi che normalmente alla lunga mi avevano calmata le altre volte (camomilla, chiacchiere, musica) potesse darmi tregua... A volte la situazione è accompagnata anche da fastidio allo stomaco, che ha come conseguenza vomito o diarrea. Cosa devo fare? Cosa fare a lungo termine, ma anche cosa fare nell'immediato momento in cui succede, per cercare di tranquillizzarmi? Ieri mi è capitato a ruota continua per quasi tre ore, prima che potessi dormire, crollando dalla stanchezza.." - Anna – Bologna

Risposta

Anna, bisognerebbe capire quali possono essere le cause profonde della tua ansia. Fare ipotesi senza dialogare direttamente con la persona è difficile. Tuttavia si può ipotizzare che il fatto di essere vicina alla laurea, potrebbe generare l'ansia dovuta alla fine di un'era psicologica e l'inizio di un'altra che richiede nuove competenze. Vale a dire la fine dell'identità della studentessa e la prossima nascita di una nuova identità: quella della lavoratrice. L'inserimento nel mondo del lavoro, oggi produce ansia perchè se da una parte si sa bene cosa si lascia alle spalle (studiare e fare esami è una cosa che ha regole precise e chiare) dall'altra, non è chiaro a cosa si va incontro. Inoltre Anna, non mi è chiara la tua situazione sentimentale e familiare. Dunque mi viene difficile aiutarti. I suggerimenti possono essere vari ma generici e non spiegherebbero le vere cause che generano la tua ansia. Ti consiglio di approfondirle con una psicoterapia. Se vuoi puoi consultare il mio sito personale www.robertoruga.it dove troverai degli articoli che possono esserti utili. RR

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Caso n.22

Purtroppo mi trovo in una situazione analoga a quella della signora che richiede aiuto per la sorella (nel mio caso si tratta purtroppo del mio compagno). Mi sono resa conto che ho bisogno di aiuto in quanto non riesco a gestire la situazione da sola, non ho le conoscenze adatte e non so davvero più come muovermi. Vivo nel Friuli Venezia Giulia ma mi muovo spesso per lavoro, in regione e in Lombardia. La contatto poichè non so a chi rivolgermi. Nella mia città Trieste, non conosco nessuno e non so davvero come si inizia in questi casi. Chi crede io possa contattare? Preciso che il mio compagno sembra essere favorevole all' inizio di una psicoterapia anche se non focalizzata (o non solo) al problema degli stupefacenti (di cui riconosce il problema ma minimizza o talvolta nega, come fosse qualcosa di assolutamente lontano e gestibile). Mi scusi ancora per il disturbo. ogni suggerimento sarà graditissimo, grazie. Alessandra

Risposta

Signora Alessandra, il consiglio che le posso dare è quello di contattare uno psocoterapeuta, per approfondire con lui i problemi personali e di coppia. Se il suo compagno è disposto, potrebbe intraprendere una terapia di coppia. Se non trova o non conosce nessuno a cui rivolgersi, io le posso proporrei di niziare con me una consulenza on-line che durerà approssimativamente una decina di "sedute". Ogni singola seduta consiste in una e-mail da parte sua, in cui espone il più dettagliatamente possibile il problema, e in una risposta da parte mia sempre per e-mail, di circa un oglio scritto in word con carattere 12. Per ulteriori chiarimenti può consultare il mio sito: www.robertoruga.it dove vengono chiariti anche i costi. Mi sembra strano che dalle sue parti non trovi nessun professionista valido. Il consiglio che le posso dare è quello di non fermarsi al primo professionista che consulta, ma magari scegliere tra due o tre, dopo aver fatto il primo colloquio che in genere è gratuito. La saluto cordialmente, augurandole di fare la cosa giusta per lei e il suo compagno. Dr. Roberto Ruga

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Caso n.23

"Mio figlio di anni 13 ruba spesso piccoli oggetti ai suo compagni di classe (matite, gomme, penne ecc...) e a volte con la scusa di prestarsi astucci colori ed altro tende a non volerlo restituire, è un atteggiamento che ha già dalla scuola elementare. Nonostante gli abbiamo fatto sentire il ns. fiato sul collo riesce comunque ad imbrogliarci. Ultimamente è stato ben osservato dai suoi compagni di classe tanto che è stato incastrato e per paura di andare a finire dal preside ha marinato la scuola, ma fortunatamente gli insegnanti prontamente ci hanno avvisato. Quando viene rimproverato sta male ma sembra che ha una mente diabolica tanto da ricominciare sviluppando altre furbizie. Io ero propensa a rivolgermi a qualche specialista che ci aiutasse a capire i suoi comportamenti, mio marito ha paura dell'intervento dello psicologo perchè pensa che andremo a peggiorare il suo comportamento. Ditemi almeno che tipo di disturbo o di disagio può affliggere mio figlio. E' sempre stato un ragazzetto che non sopporta le regole nè a casa nè a scuola ed ha anche un caratterino particolare ed è molto bugiardo e fa sempre tutto di nascosto. Ho bisogno di aiuto!!!!! grazie.-" - Silvia – Chieti

Risposta

Gentile Silvia, rubare è una modalità dell'avere, cioè del possedere. Suo figlio "vuole" qualcosa di importante. Apparentemente sembra che voglia oggetti, ma questi sono solo una maschera di ciò che in realtà vuole. E cosa può volere? Essenzialmente un bambino vorrebbe possedere i genitori per più tempo possibile. Vorrebbe che loro fossero a sua disposizione e gli dimostrassero il loro bene. Il consiglio che le posso dare è quello di rendere maggiormente "di qualità" il tempo in cui state insieme a lui. Fategli sentire che i suoi genitori sono suoi. Se lui si convince di aver conquistato i vostri cuori, sicuramente non desidererà gli oggetti che adesso vuole per sè. Interessatevi magari a qualche sua attività, computer, musica, sport o altro per comunicargli, soprattutto in un linguaggio non verbale, che voi ci siete. Siete insieme a lui. Per ulteriori approfondimenti potete consultare il mio sito www.robertoruga.it Dr. Roberto Ruga

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Caso n.24

Gentile dottore, da settembre soffro di stati d'ansia dapprima generalizzati ora diventati di tipo ossessivo puro, ho effettuato delle sedute di psicoterapia con trattamento di Xanax senza grandi isultati, quello che intendo e che ora la mia ansia diventa scatenante nel momento in cui il pensiero di poter perdere il controllo o di poter fare del male a qualcuno, mi riferisco a mia figlia di 3 anni in particolare, prende il sopravvento. Ci sono giornate in cui la cosa non mi tocca, altre in cui non riesco a pensare ad altro. L'unica cosa che riesce a tranquillizzarmi e la certezza che non potrei mai far del male a qualcuno; la mia psicoterapeuta mi ha detto che non c'è intenzionalità, e di questo ne sono sicura ma quando sto male il pensiero diventa appunto ossessivo ed assillante. Cosa mi consiglia a questo punto? La ringrazio e la saluto.

Risposta

Gentile Monica, Il suo problema secondo me non è quello di fare del male a sua figlia di tre anni, ma a se stessa. Infatti, se noi non ci adoperiamo per darci la felicità, ci possiamo sentire in colpa per non fare la cosa giusta. E il senso di colpa genera ansia. Dovrebbe chiedersi, Monica, quale è la cosa giusta, vale a dire il modo di essere che le dà più soddisfazione e perseguirlo. Forse, sente la sua vita come limitata, ristretta e via discorrendo. Allora ciò che le serve è "allargare" gli orizzonti psicologici e iniziare a fare cose che ci gratifichino veramente. Le auguro di trovare la strada giusta per esprimere questo suo talento nascosto che se inascoltato le causa ansia. Se vuole, può pprofondire il tema consultando il mio sito www.robertoruga.it La saluto cordialmente Dr. Roberto Ruga

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Caso n.25

Perche' mio marito piuttosto che fare l'amore con me preferisce soddisfarsi attraverso le chat o le foto o i film porno ? Sono una bella donna, cerco di essere sempre attraente e carina, ma e' come se avesse questo lato oscuro.. io mi sento triste, messa da parte, brutta. Non sorrido piu', non ho piu' interesse per niente, e anche il fatto di intrigarlo non mi interessa piu'. Aiutatemi vi prego" - Elisa – Milano

Risposta

Gentile Elisa, ogni uomo (e ogni donna) ha il proprio lato oscuro. L'importante è entrarci i contatto, dialogare con le proprie parti "scomode". Lei ha un vantaggio: conosce il lato oscuro di suo marito. Allora la cosa da fare è quella di condividere con lui ed insieme a lui quel particolare erotismo da cui egli è sedotto. Provi, cara signora, a guardare ad esempio un film porno insieme a suo marito. Forse scoprirà che alla fine è solo un pretesto per esprimere l'esigenza della coppia di diventare più creativi e fantasiosi. Il punto importante, secondo il mio parere è la condivisione di qualcosa insieme. E se questo qualcosa è la visione di un film, che problema c'è? Sarà poi lei, che durante la proiezione, dimostrerà a suo marito come ogni fantasia acquista valore se supportata da un coinvolgimento reciproco, una complicità ed un sentimento reciproco che nasce anche dal fare insieme una qualche "marachella". Ma nel campo dell'erotismo, non esistono marachelle, e la nostra trovata servirà a far scattare (mi auguri in entrambi) un atteggiamento adolescenziale, per il quale TUTTO ci seduce, in particolar modo noi stessi. Auguri e figli maschi! RR

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Caso n.26

"Salve sono una ragazza di 24 anni, da circa 3 anni ho la fobia per gli scarafaggi. Quando viene l'estate la sera non esco più di casa con la paura di vederli, se capita che ne vedo uno inizio a piangere, a tremare e mi sento camminare per tutto il corpo. La notte scorsa ero a casa e sentivo come la presenza che ci fosse uno scarafaggio non stavo tranquilla, prima di addormentarmi ho controllato tutta la camera da letto e quando mi sono resa conto che non c'era niente mi stavo quasi per addormentare ma ho sentito uno strano rumore e mi sono alzata: era uno scarafaggio che camminava vicino il letto, ho iniziato ad urlare svegliando mio marito. Sembravo una pazza non volevo essere toccata, poi siamo andati a dormire a casa dei miei genitori ma durante la notte vedevo tante macchioline nere. Voglio guarire da questa fobia, voglio iniziare a vivere. Come potrei curarmi? Grazie." - Cristina – Catania

Risposta

Cara ragazza di 24 anni, sarebbe interessante capire cosa sia successo tre anni fa, quando ne aveva 21 e non soffriva ancora della fobia in questione. Comunque, il mio suggerimento è quello di cercare di considerare lo scarafaggio sotto una nuova luce. Nel guardarlo, cerchi di scoprirsi sorpresa di notare nuovi sentimenti verso di lui. Si ripeta che è un animaletto simpatico, e che a volte lei stessa gli assomiglia! Proprio così, lo scarafaggio che è dentro di noi ci vuole comunicare qualcosa. Se noi non lo accettiamo, finiamo per rifiutare una importante parte di noi stessi, magari quella istintiva, antica, creativa. Dunque, ben venga lo scarafaggio. Facciamocelo amico e alleiamoci con lui. Sarà proprio uno scarafaggio ad indicarci la via dell'autorealizzazione. Se scappiamo, scappiamo da noi stessi. Auguri. RR

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Caso n.27

Salve, le chiedo gentilmente se può darmi un consiglio in merito alla mia situazione. Sono una ragazza di 28 anni e 3 mesi fà, non so neppure io come, fatto sta che mi sono sentita nuovamente attratta dal mio migliore amico (lui ha 35 anni), col quale 10 anni fa avevamo provato ad iniziare una relazione ma senza buoni risultati. Lui aveva sofferto molto per la nostra separazione, mi aveva chiesto di sposarlo (aveva 28 anni allora) ma io non provavo le stesse cose per lui e così abbiamo chiuso. Nonostante tutto siamo riusciti a mantenere un legame di amicizia che è durato fino ad ora. Dopo qualche mese dalla sua proposta lui ha iniziato una relazione con una mia conoscete,durata sei anni, all'inizio mi diceva che stava con lei ma pensava a me.... però con il passare del tempo le cose per loro si sono aggiustate, io sono andata a studiare lontana dal nostro paese, ho avuto altre relazioni poi concluse, e noi nel frattempo ci siamo sempre tenuti in contatto. La loro relazione è durata 6 anni, finche a dicembre dello scorso anno lei ha deciso di lasciarlo perchè si sentiva sola. Io rimanevo sempre la sua confidente, ma quando ci siamo rivisti a pasqua ci siamo baciati. Ci siamo visti 5 volte nell'arco di 2 mesi e ogni volta siamo stati assieme tra mille dubbi e incertezze. Per me è stato riscoprire un sentimento nuovo per lui un problema aggiunto! Infatti mi ha confidato di essere depresso e di essere in cura da uno psicologo, da gennaio oramai, mi ha detto che sta malissimo e che non sa se sta facendo bene con me, che si sente attratto e mi vuole bene ma forse sta sbagliando, mi ha detto un sacco di cose tra cui che per me ha già sofferto, che non si trova nelle condizioni di iniziare una storia, che non ci sposeremo mai etc... etc.... Alla fine dopo 2 mesi di agonia abbiamo deciso di chiudere il nostro rapporto (mai iniziato in realtà)e da 1 mese non ci sentiamo ne ci vediamo più. La decisione è stata presa tra pianti e lacrime da entrambi,è passato solo un mese. Ho provato a chiamarlo proprio ieri ma aveva il cell. spento. mi manca, e non so se ho fatto bene ad assecondare questa decisione. Io vorrei stargli vicina, vorrei aiutarlo, ma so che per me ora lui è qualcosa di più e starei pure male a non sentirlo mio. Non so che fare. Lo vorrei sentire, mi piange il cuore sapere che 10 anni di amicizia si sono rovinati così. Mi sento impotente vinta. non so che pensare, ho paura di perderlo o di averlo già perso. Gli voglio un bene dell'anima e questo distacco mi sta facendo morire. Faccio male a cercarlo? lo vorrei sentire chiedergli come và sapere come sta ..e ovviamente se mi pensa ogni tanto. Che devo fare? può darmi un consiglio? La sua psicologa gli ha detto che noi dobbiamo separarci .......ma tutta questa storia mi sembra così assurda. ....allontanarmi ora per me è una doppia sofferenza, mi sembra di tradirlo di tradire la nostra amicizia prima di ogni altra cosa. soffro come se l'avessi fatto per davvero, quando in realtà io non voglio e non posso farlo. In questo mese ci ho pensato tanto e mi sento così male a sapere che lui sta male, io in realtà, la prima cosa che voglio è sapere che lui sta migliorando, vorrei aiutarlo essere per lui prima di tutto un aiuto in questo momento così brutto. Giusto o sbagliato che sia io non voglio abbandonarlo , non posso ora soprattutto che sta male. Vorrei essere davvero l'amica prima di tutto, quella di cui lui può fidarsi, un supporto un aiuto. Non riesco ad accettare di dovermi allontanare ora troncare ora un rapporto che per giusto o sbagliato che sia non è nelle condizioni di doversi logorare in questo modo proprio quando lui sta più male......cosa mi consiglia?

Risposta

Gentile ragazza, la sua situazione sentimentale è un po complessa e necessiterebbe di tempo per essere approfondita. Si intuisce genericamente che il rapporto intrattenuto con il suo ragazzo, non ha dato i frutti sperati, quindi è improbabile che vi possiate riavvicinare, anche solo come amici. Tuttavia, se troverete ognuno in voi stessi un buon equilibrio psicologico, allora potrete frequentarvi come amici. E' però necessario che ognuno lavori su se stesso, solo dopo, sarà possibile un nuovo rapporto tra di voi, meno nevrotico e più naturale. E' difficile comunque fare delle previsioni. il mio consiglio è sempre quello di lavorare psicologicamente (ognuno di voi, con una buona psicoterapia) su se stessi per rendersi autonomi e svincolarsi così da legami che bloccano e rimandano al passato. Guardare al futuro ed essere consapevoli dei propri meccanismi relazionali (capire perchè ci piace proprio quella persona) ci aiuta a comprendere come le nostre scelte siano dettate da fattori inconsci che dobbiamo (attraverso la psicoterapia) rendere il più possibile consapevoli, se vogliamo che gli errori di ieri non si ripetano e anzi, si trasformino nuovi e proficui rapporti. Le consiglio una lettura: "Eros e pathos" di Aldo Carotenuto, edito da Bompiani E le suggerisco di visitare il mio sito personale www.robertoruga.it dove troverà altre utili letture (ad esempio la mia tesi di laurea sulla psicologia della seduzione) I migliori auguri Dr. Roberto Ruga

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Caso n.28

"Salve cari dottori mi rivolgo a tutti voi per chiedervi di risolvere il mio problema che come ho già letto nelle altre domande e so, pare sia comune.... comunque sono una ragazza di 20 anni e non riesco a provare piacere durante il rapporto sessuale con il mio fidanzato! Questo succede nello specifico solo con la penetrazione mentre con la stimolazione del clitoride tutto ok! Sono anche andata dal ginecologo e mi ha detto che sono sana e quindi dipende da un fattore mentale... ora vi chiedo sperando di non peccare di presunzione i fattori mentali che mi sono stati detti non possono essere perchè mi conosco e analizzo bene, ho un buon rapporto con la mia coscienza, non ho paure o pensieri che mi vietino di tranquillizzarmi nell'atto, ho fiducia nel mio partner, con la mia famiglia c'è stato sempre un dialogo su questo argomento e non credo sia dovuto al tipo di educazione che ho, detto ciò ho bisogno di voi perchè non so come fare e il mio fidanzato vorrebbe tanto aiutarmi scusate se mi sono dilungata troppo ma dovevo spiegarvi tutto in modo tale da avere sicuramente una risposta soddisfacente!!!!!!!!!! Cordiali saluti mille grazie e complimenti per questo sito " - Roberta - Boville Ernica (Frosinone)

Risposta

Cara Roberta, a mio avviso dovrebbe ampliare le sue conoscenze psicologiche su cosa sia una coppia. L'intesa, la complicità, la seduzione, sono tutti eventi che hanno una portata psicologica. Le posso suggerire un testo "cult" sull'argomento: Eros e pathos di Aldo Carotenuto (Bompiani). Il consiglio è quello di leggerlo in maniera rilassata, cercando di goderselo fino in fondo. Forse il "godimento" dovrebbe espandersi ed entrare a pieno titolo nella sua vita. Le consiglio di dare un'occhiatina anche al mio sito personale www.robertoruga.it Auguri.

Replica (28)

"Salve cari dottori vi ringrazio nuovamente e profondamente della vostra disponibilità nonchè serietà nel rispondere ai miei quesiti... accetto i vostri consigli ma prima di rivolgermi personalmente ad uno specialista penso ci vorrà del tempo... cmq dato la validità del sito vorrei levarmi un altro dubbio ovvero successivamente al rapporto ho notato un rigonfiamento della pancia secondo voi è normale?questo l'ho chiesto anche al ginecologo che mi ha visitata e mi ha risposto che dipende sempre dal famoso fattore mentale, per cui è effettivamente così?e quali sono le motivazioni??ancora cordiali saluti e grazie per la tempestività nelle risposte" - Roberta - Boville Ernica (Frosinone). Questa domanda è il continuo della domanda inoltrata in data 14 luglio 2008

Risposta

Roberta, il rigonfiamento potrebbe rappresentare simbolicamente un desiderio inconscio di gravidanza, espresso in maniera psicosomatica. Niente di strano. Ti invito solo a prendere coscienza di un più ampio desiderio di nascita, legato alla tua crescita interiore. Nascita di te stessa. Nascita di nuovi modi di essere, esprimibili attraverso il tuo talento nascosto. Coltiva te stessa. Cova te stessa. Allarga il desiderio riferito al tuo corpo (che vuole nascite) e trasferiscilo nella vita (coltiva nascite psicologiche). In bocca al lupo. Dr. Roberto Ruga



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NOTE BIO-BIBLIOGRAFICHE

Roberto Ruga, psicologo e psicoterapeuta, sito web: www.robertoruga.it, lavora come psicocardiologo presso il Dipartimento di Cardiochirurgia del S. Anna Hospital di Catanzaro. E' docente della Scuola di Specializzazione in Psicoterapie Brevi a Indirizzo Strategico dell'Istituto per lo Studio delle Psicoterapie di Roma e Vibo Valentia, per la quale conduce anche gruppi di psicoterapia sia a Roma che a Vibo. E' stato allievo di Aldo Carotenuto con il quale ha collaborato per diversi anni. Ha pubblicato Aldo Carotenuto: psicologia di uno psicoterapeuta (Roma, Armando editore, 2008). E' socio ordinario della Associazione Italiana di Psicoterapia Strategica e della SIO (Società Italiana per l'Orientamento). Tra i suoi articoli segnaliamo Aerofobia, come superare la paura di volare, in Quale psicologia, n.28, 2005. Risiede a Vibo Valentia dove esercita la libera professione.






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